Una serie di studi recenti ha consentito di definire su basi scientificamente assai solide la conoscenza del l'opera di Andrea Palladio, cosicché la figura dell'architetto appare ora meno aureolata nella dimensione del mito e assai più credibile e sfaccettata nella sua sostanziale caratteristica di indagatore del passato e sperimentatore di linguaggi. La sistematizzazione della materia e il punto di partenza per ogni successiva trattazione su Palladio è senza dubbio alcuno la monografia di Lionello Puppi (Andrea Palladio, Milano 1973, con numerose successive edizioni e traduzioni). L'opera di Puppi si rifà, ampiamente emendando e integrando, al meritorio corpus di G. G. Zorzi, Le opere pubbliche e i palazzi privati; Le chiese e i ponti; Le ville e i teatri, Venezia 1965-1969 e riconduce le tematiche palladiane a un rigoroso scavo archivistico, alla più puntigliosa rassegna bibliografica e a una serratissima disamina critica. Un'analisi innovativa di grande lucidità culturale e scientifica dell'opera di Palladio è costituita dal piccolo e prezioso volume di J. S. Ackerman, Palladio (1966), trad. it. Torino 1972, particolarmente acuto nella lettura del fenomeno della villa. Una sintesi chiara e utile non solo dell'opera di Palladio ma del suo influsso sul mondo anglosassone è in R. Tavenor, Palladio e il Palladianesimo- (1991), trad. it. Milano 1992. Il Centro internazionale di studi di architettura «A. Palladio» di Vicenza ha promosso, a partire dal 1968, la pubblicazione di monografie dedicate a singole opere del maestro (Corpus Palladianum e Novum Corpus Palladianum); a cura di vari autori, esse riguardano opere come la Basilica, il convento della Carità, villa Badoer a Fratta Polesine, il Teatro olimpico, villa Emo a Fanzolo, La Rotonda, la chiesa del Redentore, la loggia del Capitanio. Non meno importanti risultano le serie dei bollettini del centro, ricchi di innumeri interventi, spesso importanti, connessi con tutte le possibili tematiche palladiane. Gli studi sette e ottocenteschi su Palladio sono debitori in termini assoluti all'opera monumentale di Ottavio Bertotti Scamozzi (Fabbriche e disegni di Andrea Palladio, Vicenza 1776-1786), che ha costituito per decenni la base di conoscenza irrinunciabile dell'opera dell'architetto. Appena alcuni anni prima Tommaso Temanza aveva tracciato un'interessante Vita di Andrea Palladio vicentino, Venezia 1772. Dei Quattro libri dell'architettura, pubblicati a Venezia nel 1570, esiste un'edizione critica a cura di L. Magagnato e P. Marini (Milano 1980). Lionello Puppi ha altresì curato gli Scritti sull'architettura del Palladio (Vicenza 1988) e il Corpus dei disegni al Museo Civico di Vicenza (Milano 1989). Sempre sui disegni avevano lavorato anche Douglas Lewis (The Drawings of Andrea Palladio, Washington 1981-1982) e, ancor prima, Howard Burns (I disegni del Palladio, in "Bollettino C.I.S.A. A. Palladio", 1973). Rudolph Wittkower aveva per parte sua, in un saggio memorabile, analizzato Palladio teorico alla luce della elaborazione dei principi e delle teorie dell'architettura rinascimentale: Principi architettonici nell'età dell'Umanesimo (1949), trad. it. Torino 1964. Sulla figura di Palladio urbanista rimane ineguagliabile il saggio con questo titolo di Sergio Bettini in "Arte Veneta", XV, 1961. Il più recente dei lavori su Palladio e quello pubblicato a opera di Bruce Boucher (Palladio, Torino 1994). II testo è molto chiaro e aggiornato e propone una lettura dell'opera dell'architetto sempre precisa e ricca di riferimenti. |
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