Caravaggisti

I protagonisti
Borgianni, Caracciolo, Cavallino, De La Tour, Finson, Fracanzano, Artemisia Gentileschi, Orazio Gentileschi, Le Nain, Maestro dell'Annuncio ai Pastori, Manfredi, Manzoni, Mayno, Ribalta, Ribera, Saraceni, Seghers, Serodine, Stanzione, Stomer, Ter Brugghen, Valentin, Van Honthorst, Vouet, Zurbarán















BORGIANNI

Nasce nel 1578 circa da un falegname fiorentino trapiantato a Roma. Nel Seicento, Giovanni Baglione - primo biografo di Orazio - parla di un soggiorno dell'artista in Spagna durato circa un quinquennio (1598-1602). Nel 1603 è nuovamente documentata la sua presenza a Roma. Il 9 gennaio 1605 si registra una seconda permanenza in Spagna, ma al di là del dato puramente documentario, sono le forti incidenze sulla pittura secentesca spagnola a confermare i suoi stretti rapporti con l'ambiente iberico. Nello stesso 1605 Orazio sembra però rientrare a Roma dove, secondo gran parte della critica, avrebbe dipinto, nell'aprile, un perduto ritratto citato dal Baglione. Nella città papale Orazio trascorre gli ultimi anni della sua vita, caratterizzati da un'intensa attività artistica che gli assicura anche una florida condizione economica, come si rileva dal suo testamento redatto nel 1615. In questi ultimi anni si fa sentire fortissima l'influenza del Caravaggio, come è facile notare nella Sacra conversazione del 1610-1616 (Galleria nazionale di arte antica di Roma). Nel 1608 firma l'Apparizione della Vergine a san Francesco della cappella del cimitero di Sezze Romano e nel 1610 entra a far parte dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon. In questa occasione è presentato dal pittore Antiveduto Grammatica, poi suo testimone nel testamento del 1615. Muore a Roma il 15 gennaio 1616 ed è sepolto nella chiesa di San Lorenzo a Lucina.






CARACCIOLO

Detto anche il Battistello, nasce a Napoli nel 1578. Formatosi presumibilmente in ambiente manierista, ben presto si avvicina alla pittura di Caravaggio, recatosi in quella città nel 1607. Nel 1614 va a Roma entrando in contatto con i caravaggisti italiani e stranieri che vi lavorano in quel periodo. Del 1615 è la Liberazione di san Pietro dal carcere (a Napoli, Pio Monte della Misericordia). L'influsso di Caravaggio si attenua dopo il 1620, all'indomani di un secondo viaggio a Roma dove forse vede le opere di Reni e dei Carracci. Dopo questa data, la sua pittura si apre a suggestioni bolognesi, evidenti in opere come L'Assunta del 1631 al museo di San Martino a Napoli, città in cui muore nel 1635.




CAVALLINO

Bernardo nasce a Napoli nel 1616. Allievo di Massimo Stanzione, nelle opere eseguite tra il 1635 e il 1640 - come il Martirio di san Bartolomeo di Capodimonte, a Napoli, o l'lncontro tra sant'Anna e san Gioacchino del museo di Budapest - si mostra sensibile ai modi del Maestro dell'Annuncio ai Pastori. Sul finire degli anni Trenta si accosta al caravaggismo più sfumato di pittori nordici come Michiel Sweerts che sono a Napoli alla bottega di Aniello Falcone. In seguito la sua pittura tende a un crescente preziosismo ed eleganza, tipici di opere come la Santa Cecilia di Firenze o l'Erminia tra i pastori di Capodimonte. Muore a Napoli nel 1656 circa.






DE LA TOUR

Figlio di Jean de La Tour, fornaio, e di Sibylle Mélian, Georges nasce a Vic-sur-Seille, in Lorena, nel 1593. È ignota la sua prima formazione, forse avvenuta a Nancy, dove operavano numerosi pittori locali fra cui Bellange e Claude Israel. Incerta è anche la data (forse tra il 1610 e il 1616) di un supposto viaggio in Italia. Sebbene parte della critica sembri negare l'evento, va rilevato che in un manoscritto del primo Settecento relativo all'abbazia di Saint Antoine de Viennois, Georges è nominato come allievo di Guido Reni. Nel 1616, comunque, è certamente di nuovo a Vic, dove fa da padrino alla figlia di un amico e dove, l'anno seguente, sposa Diane le Nerf, giovane aristocratica che lo introduce nell'ambiente dell'alta borghesia locale. Nel 1620 si trasferisce nel paese della moglie, Lunéville, residenza prediletta dei duchi di Lorena. Qui ottiene i primi riconoscimenti, in particolar modo dal duca Enrico II. Sono questi gli anni di maggiore fortuna per l'artista, che riesce ad accumulare, favorito da varie circostanze, anche una considerevole ricchezza. Nel 1639 è a Parigi, dove gli è conferito il prestigioso titolo di pittore ufficiale del re Luigi XIII. Nel 1643 è nuovamente a Lunéville, dove ottiene numerose commissioni pubbliche, tra cui la tela raffigurante Le lacrime di san Pietro, oggi a Cleveland, firmata e datata 1645. Nel 1650 firma e data La negazione di san Pietro di Nantes. Muore durante la peste del 1652, il 30 gennaio.






FINSON

Noto anche come Ludovicus Finsonius, nasce a Bruges prima del 1580. Il padre Giacomo gli impartisce i primi rudimenti dell'arte pittorica. Nel 1610, a Aix-en-Provence è documentata una sua opera nella chiesa di Saint Jean (La Resurrezione). Un viaggio a Napoli (dove risulta essere nel 1612) gli fa conoscere la pittura di Caravaggio. Ai modi del maestro lombardo resterà fedele anche dopo il suo ritorno a Aix, dipingendo opere caravaggesche per le chiese di molte città della Provenza tra cui la stessa Aix, Arles, e Marsiglia. Muore ad Amsterdam nel 1617.




FRACANZANO

Figli di Alessandro, modesto pittore pugliese, Cesare e Francesco Fracanzano nascono in provincia di Bari, l'uno a Bisceglie nel 1605 circa, l'altro a Monopoli nel 1612. Entrambi decisi a intraprendere la carriera artistica, i due fratelli si trasferiscono a Napoli nel 1622 ed entrano alla bottega di Ribera che influenzerà profondamente soprattutto l'opera di Francesco, come testimoniano per esempio le due tele del 1635 per la chiesa di San Gregorio Armeno a Napoli. Nel 1632 Francesco sposa Giovanna, sorella del pittore Salvator Rosa. La morte coglie Cesare a Barletta più o meno nel 1652, mentre Francesco muore a Napoli intorno al 1656, anno in cui scoppia una pestilenza che causa la scomparsa di artisti come Massimo Stanzione, Aniello Falcone e forse Bernardo Cavallino.


















ARTEMISIA
GENTILESCHI


Figlia e allieva di Orazio Gentileschi, nasce a Roma nel 1593 e inizia a dipingere giovanissima. Nel 1612 il pittore Agostino Tassi, che a partire dall'anno precedente è impegnato con Orazio Gentileschi nella decorazione del Casino delle muse di palazzo Rospigliosi-Pallavicini a Roma, viene denunciato per stupro ai danni della quindicenne Artemisia. Forse per lasciarsi alle spalle lo scandalo, la pittrice sposa poco dopo il fiorentino Antonio Stiattesi e si trasferisce nella città del marito. A Firenze Artemisia esegue varie opere di chiara impronta caravaggesca, come per esempio la Giuditta e Oloferne degli Uffizi. Nel 1621 lascia la città granducale per raggiungere il padre a Genova. Rientrata a Roma nel 1622, vi rimane fino al 1630, quando si trasferisce a Napoli (quest'anno firma e data L'Annunciazione di Capodimonte, nella quale porta a maturazione le esperienze romane e in particolare il ricordo della pittura di Vouet); del periodo napoletano sono anche la Nascita del Battista e i dipinti con le Storie di san Gennaro per il duomo di Pozzuoli, dove lavora in collaborazione con Massimo Stanzione. Dalla città partenopea si allontana per soggiornare qualche tempo a Firenze, a Roma e a Londra dove il padre si era stabilito nei suoi ultimi anni e dove Artemisia dipinge diversi ritratti di membri della famiglia reale e di nobili, ancora presenti in varie collezioni inglesi. Muore a Napoli tra il 1652 e il 1653.






ORAZIO
GENTILESCHI


Di origini pisane, adotta il cognome materno anziché quello del padre, l'orafo Giambattista Lomi. Nato probabilmente nei primi anni del sesto decennio del Cinquecento, viene educato a Firenze, in un clima ancora tutto tardomanierista, dal fratellastro Aurelio Lomi. Già sul finire degli anni Settanta è però a Roma dove lavora, tra l'altro, alla decorazione della Libreria vaticana di Sisto V. Agli inizi del XVII secolo vanno invece fatti risalire i primi contatti con il Caravaggio che determinano quella fondamentale svolta nello stile di un artista già maturo, se è vero che il Gentileschi ha già quarant'anni quando partecipa, testimoniando a favore dell'accusato, al famoso processo del 1603 intentato dal Baglione contro il Merisi. Dopo il 1612, forse in seguito al processo per stupro che proprio quell'anno vede coinvolta sua figlia Artemisia, Orazio abbandona Roma e si reca, dapprima, nelle Marche, dove lavora in particolare per la chiesa di San Vincenzo a Fabriano, e poi, dal 1621 al 1623, a Genova, dove dipinge per Carlo Emanuele I (L'Annunciazione, Torino, Pinacoteca sabauda) e per alcune famiglie dell'aristocrazia locale. Nel 1624 si trasferisce in Francia alla corte di Maria de' Medici e due anni dopo parte definitivamente per Londra, dove entra al servizio di Carlo I e conosce il Sandrart. Il suo ruolo nell'evoluzione naturalistica della pittura d'oltremanica è fondamentale. Muore a Londra il 7 febbraio 1639.






LE NAIN

Antoine, Louis e Mathieu Le Nain nascono a Laon tra il 1595 e il 1610, a non molti anni di distanza l'uno dall'altro. Nati da Isaac Le Nain, sergente reale, è probabilmente nella propria casa che i tre fratelli apprendono i primi rudimenti della pittura da un artista straniero, forse italiano. Da Laon passano, entro il 1629, a Parigi, dove tengono comune atelier nei pressi dell'abbazia di Saint-Germain-des Prés, nella cui corporazione di pittori è entrato frattanto Antoine. E lui che nel 1632 ottiene per sé e per i fratelli il primo incarico ufficiale: ritrarre, per la Sala grande del Comune, la "municipalità" parigina. A testimoniare il perfetto accordo nel quale vivono e lavorano i tre artisti sta il fatto che alla morte del padre, nel 1636, non dividono l'eredità, ma ne usufruiscono in comune e che il loro atelier continua a funzionare sotto la direzione del solo Antoine, sebbene le opere siano realizzate e spesso firmate da tutti e tre i fratelli. Le tele più famose si datano tra il 1641 e il 1647; l'ultima nota, firmata e datata, è la piccola tela del Louvre Ritratti in un interno. Sul finire del maggio 1648, anno che li vede partecipare alla prima assemblea dell'Académie royale de peinture, Louis e Antoine, i due fratelli più giovani, muoiono improvvisamente. Mathieu continua, con fortuna, a dipingere, diventa membro dell'Académie royale de peinture e cavaliere dell'ordine di San Michele nel 1662. Muore il 20 aprile 1677.






MAESTRO
DELL'ANNUNCIO
AI PASTORI


Autore dell'Adorazione dei pastori di Birmingham e di altri dipinti dello stesso soggetto (a Capodimonte e a Brooklyn), va forse identificato con Bartolomeo Passante, da non confondere con quel Bartolomeo Bassante, citato dalle fonti come allievo del Ribera, che firma un'Adorazione dei pastori al Prado. Attivo a Napoli dal terzo al quinto decennio del XVII secolo, la sua pittura influenza notevolmente Francesco Fracanzano e Francesco Guarino. Partito da un naturalismo cupo e vigoroso, schiarisce la sua tavolozza negli anni Trenta, fino a raggiungere l'intensa luminosità della Natività della Vergine in Santa Maria della Pace a Castellammare di Stabia.




MANFREDI

Pochissime le notizie sulla sua breve vita. Nato a Ostiano, presso Mantova, nel 1582, arriva ancor giovane a Roma dove, prima di darsi alla maniera caravaggesca, è forse allievo di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio. Le sue opere hanno grande fortuna in Toscana dove diventa uno dei pittori preferiti del granduca Cosimo II, suo committente col marchese Giustiniani a Roma. Qui vive fino alla morte, avvenuta nel 1620 circa. Il «genere alla Manfredi», come lo definì il Sandrart, ebbe grandissimo seguito, specie tra quel gruppo di artisti fiamminghi e olandesi attivi a Roma tra il 1610 e il 1620, e confluiti nella sua bottega, come van Honthorst e Seghers.


















MANZONI

A lungo è stato confuso con un Michele Manzoni ucciso giovanissimo nel 1666. Le notizie certe riguardo alle tappe fondamentali della sua vita sono ancora scarse, ma inevitabile sembra essere stato il viaggio a Roma, comune a tutti gli artisti della sua generazione particolarmente aperti, come lui, alle novità caravaggesche. Gran parte delle sue opere si possono collocare fra il 1620 e il 1635, eseguite per il territorio di Faenza dove certo Biagio nasce e risiede fino alla morte, avvenuta in giovane età.




MAYNO

Juan Bautista nasce a Pastrana (Guadalajara) nel 1568. Figlio di un cavaliere milanese e di una nobildonna portoghese, è professore di disegno di Filippo IV. Soggiorna a Roma tra il 1600 e il 1610 e nel 1613, a Toledo, si fa frate domenicano. Accanto a soluzioni manieriste derivategli dalla sua formazione e a una preferenza per i colori chiari in affinità con El Greco, nei suoi dipinti adotta spunti di vivace realismo di stampo caravaggesco. Al Merisi è comunque vicino soprattutto nei soggetti, mentre nello stile inclina verso un caravaggismo elegante alla Orazio Gentileschi o sul tipo di quello dei seguaci nordici del Merisi. Nelle sue opere si notano anche influenze della pittura di Guido Reni e, nei paesaggi, di Adam Elsheimer. Oltre all'Adorazione dei pastori del Prado (1611-1613), è da ricordare, nello stesso museo, la Riconquista di Bahia (1635). Muore a Madrid nel 1649.






RIBALTA

Pittore di origini catalane (nasce a Solsona nel 1565 circa), è l'artista che apre la strada al realismo spagnolo del Seicento. Trasferitosi giovanissimo a Barcellona con la famiglia, inizia a dedicarsi ben presto alla pittura e già nel 1582 si reca a Madrid dove studia le opere italiane dell'Escorial. Nella capitale spagnola entra in confidenza con Juan Fernandez de Navarrete il Muto, direttore della scuola di pittura di corte, e del poeta Lope de Vega che nel 1614 gli commissiona un ritratto e gli dedica dei versi. Nel 1599 Francisco segue la famiglia a Valencia, dove realizza, grazie al favore dell'arcivescovo che gli offre un vantaggioso contratto, un considerevole numero di opere per il collegio del Corpus Christi (per l'altar maggiore dipinge il suo capolavoro, L'Ultima cena). Seri dubbi, invece, insorgono riguardo alla possibilità di un suo viaggio in Italia, sebbene gli venga attribuito da diversi biografi. A Valencia l'artista diventa ben presto famoso e fonda, tra il 1607 e il 1617, una scuola di pittura che, per un certo periodo, è forse frequentata anche da Jusepe de Ribera. La sua ultima opera è costituita dal polittico della certosa di Porta Coeli, ora smembrato e in parte conservato nel Museo provinciale di Valencia. Francisco muore in questa città il 14 gennaio 1628 ed è sepolto nella chiesa di San Juan del Mercado. Qui, nel medesimo anno, trova sepoltura anche il figlio diciottenne Juan, seguace del padre, pittore già piuttosto ricercato.






RIBERA

Il 17 febbraio 1591, Juan Jusepe de Ribera, secondogenito di Simone, calzolaio, e Margherita Cuco, è battezzato nella chiesa di Santa Tecla a Jativa, nella provincia di Valencia. E questo l'unico documento attestante l'origine del pittore che già nell'aprile del 1615 risulta abitante a Roma, in via Margutta, insieme al fratello primogenito Geronimo e ad altri artisti spagnoli. Mancano invece prove certe di un suo alunnato presso Francisco Ribalta a Valencia, come del resto non esistono testimonianze precedenti al suo soggiorno a Roma né riguardanti le tappe, le circostanze, la cronologia del viaggio in Italia prima del periodo romano. Solo sulla base di alcuni dati, rintracciabili in un manoscritto di Giulio Mancini (1620 circa) e in un brano dello Scaramuccia, è possibile supporre un suo arrivo in Italia intorno al 1610, una prima tappa in Lombardia, quindi un soggiorno a Parma, dove probabilmente entra al servizio del principe Ranuccio Maria Farnese, e infine il suo arrivo a Roma, circa alla metà del secondo decennio del Seicento. Durante il suo soggiorno romano Jusepe entra a far parte dell'Accademia di San Luca e realizza diverse opere per enti ecclesiastici e privati. Il 15 settembre 1616 giunge a Napoli, forse al seguito del duca di Osuna, don Pedro Téllez Girón y Guzmán. Nella capitale del vicereame spagnolo sposa infatti, a questa data, Caterina Azzolino, figlia del pittore Giovan Bernardo, presso il quale, con ogni verosimiglianza, aveva trovato ospitalità.




A Napoli acquista una casa «in la strada di Chiaja» dove alloggia col fratello Juan e diventa possessore di diversi beni, raggiungendo, in breve tempo, una solida posizione economica, grazie anche ai suoi molteplici e profondi legami con l'aristocrazia locale. Numerosi documenti attestano la sua presenza e la sua attività artistica in Napoli: il 13 ottobre ottiene quattrocento ducati per la Pietà ancor oggi conservata nella certosa di San Martino e nel 1638, per la stessa certosa, realizza la famosa serie dei Profeti. Nel pieno dell'attività artistica, forse già a partire dal 1644, è però colpito da una grave malattia che in breve tempo gli causa delle paralisi periodiche del braccio destro e che forse è la causa di alcune insolvenze contrattuali, in un caso risoltesi addirittura con un processo (quello intentatogli nel 1646 da Cristoforo Papa, protonotaro del Regno di Sicilia a Palermo). Durante i moti del 1647 (la cosiddetta "rivolta di Masaniello"), si rifugia in una casa del parco del Palazzo reale, dove prende alloggio anche don Juan d'Austria, figlio illegittimo di Filippo IV, del quale realizza un famoso ritratto equestre (nel Palazzo reale di Madrid). Benché le sue condizioni fisiche continuino a peggiorare, Jusepe non abbandona l'attività artistica e lavora fino agli ultimi giorni della sua vita alle numerose tele commissionategli dai monaci della certosa di San Martino. Muore nel 1652, dopo aver firmato il San Gerolamo del Prado e il San Paolo eremita di Ragusa.


















SARACENI

Nato a Venezia in torno al 1579 - come si ricava da un documento del 1616 in cui dichiara di avere trenta sette anni, Carlo giunge a Roma agli inizi del XVII secolo e già nel 1607 ottiene di entrare a far parte dell'Accademia di San Luca. Il contemporaneo Baglione lo dice influenzato dal naturalismo caravaggesco almeno a partire dal 1606. Nel 1615 lavora a Mantova per Ferdinando Gonzaga e nei due anni seguenti affresca, insieme al Tassi e al Lanfranco, la Sala paolina al Quirinale. Stabilitosi a Roma, abita in una casa in via di Ripetta e accoglie presso di sé tre aiutanti che, recentemente, sono stati identificati con Jean le Clerc, Antonio Giarola veronese e Giovan Battista Parentucci da Camerino, in nessuno dei quali è però riconoscibile l'anonimo pittore noto col soprannome di "Pensionante del Saraceni". Negli anni tra il 1617 e il 1619 Carlo riceve un certo numero di commissioni in Roma; tra queste la splendida pala per l'altar maggiore della chiesa di Santa Maria dell'Anima e quella con La morte della Vergine per Santa Maria della Scala, di cui si conosce una fedele riproduzione del le Clerc, col quale frattanto aveva stretto rapporti di lavoro e di amicizia sempre più forti. Prima della fine del novembre del 1619, accompagnato appunto dal le Clerc, torna a Venezia dove dipinge un'enorme tela per Palazzo ducale (Il doge Enrico Dandolo incita alla crociata), terminata dall'amico dopo la sua morte, avvenuta nel giugno dell'anno seguente.






SEGHERS

Fratello minore di Daniel Seghers, apprezzato pittore di fiori, nasce ad Anversa nel 1591 e diventa allievo di Abraham Janssens. Seguendo un itinerario comune a molti pittori fiamminghi della sua generazione, si reca a Roma giovanissimo e qui rimane fino al 1620 (o al 1629, come sostengono alcune fonti storico critiche) subendo la diretta influenza del Manfredi. Prima di tornare in patria soggiorna in Spagna, dove approfondisce gli studi sul naturalismo caravaggesco conosciuto in Italia. Tornato ad Anversa, attenua gli effetti violenti del caravaggismo con forme più morbide e pacate, certamente dopo una diretta visione della pittura di Rubens. Muore ad Anversa nel 1651.




SERODINE

Giovanni nasce nel 1600 ad Ascona (Canton Ticino). Pressoché dimenticato dalla storiografia sei-settecentesca, tranne che per una fuggevole menzione del Baglione, solo nel nostro secolo ha riacquistato consistenza critica. Verso il 1615, giovanissimo, giunge a Roma col padre e il fratello Giovanbattista, artisti anch'essi. Nel 1623 dipinge le due famose tele con La chiamata dei figli d i Zebedeo e L 'invito a Emmaus. Le opere più riuscite, come la pala con L'elemosina di San Lorenzo (museo dell'abbazia di Casamari, vicino Frosinone), si datano in gran parte sul finire del terzo decennio del Seicento, all'approssimarsi dell'improvvisa morte, poco dopo il 21 dicembre 1630, data in cui redige il suo testamento.






STANZIONE

Nato a Orta di Atella (Caserta) nel 1585 circa, è uno dei più importanti artisti napoletani del Seicento, soprattutto nel periodo 1630-1640. Tra il 1617 e il 1618 Massimo soggiorna a Roma, dove lavora in Santa Maria della Scala e in San Lorenzo in Lucina. In questa città ha modo di conoscere le opere di Caravaggio ed entra in contatto col circolo dei caravaggisti dai quali, entro certi limiti, viene influenzato. Stabilitosi a Napoli dal 1630, esegue per la certosa di San Martino gli affreschi della cappella di San Bruno (1631-1637) e la grande tela della Pietà (1638). Tra il 1635 e il 1637 collabora con Artemisia Gentileschi ai dipinti del duomo di Pozzuoli e tra il 1641 e il 1646 dipinge il Miracolo dell'ossessa per la Cappella del tesoro di san Gennaro nel duomo di Napoli, città in cui muore durante la grande epidemia di peste del 1656.




STOMER

Pittore olandese di cui non si conosce con precisione né il luogo né la data di nascita, giunge precocemente a Roma, dove subisce l'influsso di Caravaggio e soprattutto della fase caravaggesca di un altro olandese, Gerrit van Honthorst. Abbandonata Roma alla volta dell'Italia meridionale, lascia opere importanti in vari centri del napoletano (Sacra famiglia, museo di Capodimonte) e soprattutto in Sicilia (Flagellazione, chiesa della Madonna del Rosario a Palermo) dove Matthias muore sicuramente dopo il 1650.






TER
BRUGGHEN


Pittore olandese nato a Deventer nel 1588, Hendrick si forma con il manierista Abraham Bloemaert e sulle incisioni di Durer e Luca di Leida. Tra il 1604 e il 1614 soggiorna a Roma collocandosi tra gli artisti che stanno elaborando un linguaggio pittorico ispirato ai modi di Caravaggio. Dopo il 1620, tende a soluzioni chiare e luminose come nella Chiamata di san Matteo di Utrecht, del 1621, e ancora in altre opere che ne fanno un precursore della scuola di Delft. Muore a Utrecht nel 1629.




VALENTIN

Indicato abbastanza spesso nei documenti come «Valentin de Boulogne», nasce attorno al 1594 a Coulommiers-en-Brie, ma arriva giovanissimo a Roma, dove risiede fino alla morte. E forse possibile identificarlo con il «Valentino francese» abitante, nel 1611, nella parrocchia di San Nicola dei Prefetti. A Roma è introdotto dal Vouet nell'ambiente caravaggesco, divenendone una delle personalità di spicco e legandosi di stretta amicizia con Bartolomeo Manfredi dalla cui pittura rimane fortemente influenzato. Realizza, tra l'altro, importanti quadri da cavalletto per ricchi amatori, fra i quali il cardinale Francesco Barberini e Cassiano dal Pozzo. La sua carriera, poco documentata, raggiunge il suo apice con la commissione di una pala d'altare per San Pietro (Martino dei santi Processo e Martiniano, del 1629-1630).


















VAN
HONTHORST


Il soprannome che gli viene dato, Gherardo delle Notti, è legato allo stile fortemente contrastato dei suoi dipinti, che privilegiano ambientazioni notturne con fonti di luce artificiale, sia palesi che occultate. Nato nella città olandese di Utrecht nel 1590, giunge probabilmente in Italia all'inizio del secondo decennio del Seicento, anche se la sua presenza a Roma è attestata con sicurezza solo a partire dal 1616, anno in cui firma e data il disegno alla Nasjonalgalleriet di Oslo tratto dalla Crocifissione di san Pietro di Caravaggio nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo. I dipinti caravaggeschi che van Honthorst esegue nel periodo italiano sono destinati a vari e prestigiosi committenti. Tra questi il granduca di Toscana Cosimo II de' Medici per il quale dipinge una serie di tele con scene di banchetto come per esempio Cena con sponsali o Cena con suonatore di liuto (entrambe a Firenze, agli Uffizi) - e il marchese Vincenzo Giustiniani a Roma. Il rientro di Gerrit nella città natale risale al 1620: lo confermano le nozze con Sophia Rycquert, celebrate a Utrecht il 21 ottobre di quell'anno e un'indicazione del Mancini che, scrivendo dell'artista probabilmente in quello stesso 1620, afferma: «Partì di questo anno di Roma in età sua di trenta in trentacinque anni». A Utrecht continua a dipingere ancora per molto tempo allontanandosi progressivamente dai modi caravaggeschi. In questa città lo raggiunge la morte nel 1656.






VOUET

Simon nasce a Parigi nel 1590 dove il padre, pittore al servizio del re, sembra essere stato il suo primo maestro. Alla fine del 1613 giunge a Roma ed entra a far parte della schiera di caravaggisti allora attivi in quella città - tra cui i suoi compatrioti Vignon, Tournier, Valentin - ottenendo, nel 1624, la carica di principe dell'Accademia di San Luca. I quindici anni italiani sono i più intensi e fecondi della sua produzione. Influenzato, soprattutto in un primo tempo, dal linguaggio di caravaggisti come Manfredi, Borgianni e Saraceni (ne è un significativo esempio La buona ventura di Ottawa, del 1620 circa), risente poi dello stile di Orazio e Artemisia Gentileschi (già a partire dalla tela con la Nascita della Vergine per la chiesa romana di San Francesco a Ripa, del 1618-1620, e quindi in opere come la Circoncisione del 1622 per la chiesa di Sant'Angelo a Segno a Napoli). Durante il periodo italiano si reca inoltre a Genova, Milano, Parma, Piacenza, Venezia, Bologna e Firenze dove ha occasione di vedere opere importanti e di entrare in contatto con scuole pittori che diverse tra cui quella bolognese. Questa rivestirà una grande importanza per gli sviluppi successivi della sua arte, come dimostrano le opere del periodo francese. A Parigi, dove rientra nel 1627 e tiene un atelier presso il Louvre, è nominato primo pittore del re e inaugura una produzione decorativa caratterizzata dal tocco leggero e luminoso. Muore nel 1649.






ZURBARÁN

Il suo luogo di nascita è Fuente de Cantos, in Spagna, dove viene al mondo nel 1598. Manifesta un talento artistico precocissimo. Già a sedici anni Francisco è a bottega presso il pittore sivigliano Pedro Diaz de Villanueva e appena diciannovenne ne dirige una propria a Llerena, in Estremadura. Tra le sue prime committenze, ben ventuno tele per il monastero di San Pablo el Real a Siviglia. Proprio Siviglia, dove si stabilisce nel 1629, diventa la sua città di adozione. A partire da quell'anno inizia a lavorare per le comunità religiose della città. La sua pittura, drammatica e severa, ben si confà agli ideali di spiritualità propri degli ordini per cui lavora. Le sue composizioni sono caratterizzate da un naturalismo potente e da forti contrasti luministici, come si vede per esempio nell'Apparizione di san Pietro a san Pietro Nolasco, del 1629. La committenza di ispirazione religiosa non esaurisce i temi della sua produzione, nella quale non mancano le nature morte. Nel 1634 soggiorna a lungo a Madrid dove, su indicazione di Velázquez, è incaricato dell'esecuzione di una serie di tele per la corte. Tornato a Siviglia, riallaccia i rapporti con la committenza religiosa ed esegue una serie di dipinti per il monastero di Guadalupe. Negli anni successivi accoglie anche committenze da territori spagnoli d'oltreoceano: Perù, Messico e Argentina. Passa gli ultimi anni a Madrid, nel vano tentativo di promuovere uno stile ormai in disuso. Nella città castigliana muore nel 1664.

















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