Simbolismo
Dante Gabriel Rossetti, Beata Beatrix Dante Gabriel Rossetti,
Beata Beatrix,

1863,
Londra, Tate Gallery.

Dante Gabriel Rossetti nel 1848 ha fondato a Londra col fratello William Michael e gli amici William Holman Hunt, John Everett Millais, Thomas Woolner, James Collinson e Frederick George Stephens la Pre-Raphaelite Brotherhood. Tutti i membri della confraternita, tranne William Michael Rossetti, provengono dalla Royal Academy, ma ne contestano gli insegnamenti volti all'acquisizione di un linguaggio influenzato dalla tradizione tardobarocca e venezieggiante che i preraffaelliti definiscono "sloshy" (fangoso). I giovani pittori sono invece attratti dall'arte primitiva italiana che giudicano tradita da Raffaello in poi, come chiarisce John Rwkin nel 1852 intervenendo sul "Times" in difesa del nuovo gruppo.
L'immagine rossettiana della donna, nata dalla poesia dantesca e stilnovista, divenuta poi icona sensuosa e sontuosa, anticipa, sia nella versione della creatura angelicata che in quella della femme fatale, quell'"eterno femminino regale", così diffuso in ambito simbolista.

In poesia Swinburne lo caricherà di elementi di perversione e lussuria, Pater lo rifletterà nella sua definizione della Gioconda, la donna ideale di Leonardo, dall'ambiguo sorriso, e ancora la ritroveremo in Wilde, in Yeats, in D'Annunzio. Dalle immagini virginali di Elizabeth Siddal, alla sublimazione della morte di lei nella Beata Beatrix (1863), alle icone di grandi taciturne che incarnano la passione infelice per Jane Morris, è un succedersi di figure sempre più emblematiche di un cupo dramma erotico in cui si mescolano sesso e amore, terra e cielo, vita e morte. Legate a corrispondenti opere poetiche, percorse anch'esse da presagio di tenebra. Nel transfert dal suono al colore, dal segno vi sivo a quello verbale, l'artista offre una indicazione, di marca simbolista, della soppressione della differenza fra parola e immagine.


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