Ernst
Foresta Foresta,
1925.

«Che cosa è una foresta? Un insetto soprannaturale, un tavolo da disegno. Che fanno le foreste? Non si coricano mai presto. Aspettano il boscaiolo. Che cos'è l'estate per le foreste? Il futuro: la stagione in cui cumuli di ombre potranno cambiarsi in parole e gli esseri dotati di eloquenza avranno l'impudenza di cercare la mezzanotte all'ora zero. Ma questo è tempo passato [...]. In quel tempo lontano gli usignoli credevano in Dio? In quel tempo lontano gli usignoli non credevano in Dio. Erano amichevolmente congiunti col mistero. E l'uomo che posizione aveva? L'uomo e l'usignolo si trovavano nella migliore condizione per lasciarsi andare aU'immaginazione: la foresta era la guida perfetta per accedere al sogno. [...] Come moriranno le foreste? Verrà il giorno che la foresta, fino ad allora amica della dissipazione, si deciderà a frequentare solo posti seri, strade asfaltate e gente che va a spasso la domenica. Si nutrirà di giornali sottaceto. Affetta da virtù, correggerà le cattive abitudini di gioventù. Diventerà geometrica, scrupolosa, obbediente, grammaticale, giudiziosa, pastorale, ecclesiastica, costruttivista e repubblicana... Sarà una barba [...]».



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