Schiele
La famiglia La famiglia,
1918,
Vienna, Osterreichische Galerie.

È tra i dipinti più riusciti dell'ultimo Schiele, preceduto da numerosi studi preparatori, e con un contenuto allegorico, come molta produzione dell'artista. E un ritratto della famiglia mai esistita: Edith morì di febbre spagnola al sesto mese di gravidanza, e Schiele morì tre giorni dopo, il 31 ottobre 1918.
Anche in quest'opera non c'è spazio per la felicità e l'idillio, sui corpi accosciati pesa l'immanenza di un destino accettato: ognuno dentro l'altro come in un gioco di scatole cinesi, eppure separati dall'incomunicabilità della propria ansia e dalla diversa direzione dello sguardo.

Nel buio di una camera che nessun sole potrà mai rischiarare non c'è ribellione, né panico, c'è attesa: la vigilanza ansiosa dell'uomo, il rassegnato legame con la terra della donna, l'innocenza del bambino. Grava sul dipinto l'amara consapevolezza della sconfitta, un'oppressione di piombo, quasi il presagio di una catena funesta: quando muore, pochi mesi dopo, Edith ha in grembo un figlio che non vedrà mai la luce, ed Egon Schiele non le sopravvive che tre giorni.


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