Rive della Marna in inverno, 1866, Chicago, The Art Institute. Nelle discussioni fra amici, riuniti ogni sera intorno a Manet al Café Guerbois a Batignolles, ci si appassiona sul destino dell'arte, si commentano le glorie del giorno, le stampe giapponesi appena importate, il ruolo delle ombre, l'uso dei colori chiari. La parola "impression" ricorre sovente. Si fa strada la necessità di trattare soggetti moderni, di affrontare il mondo contemporaneo, in sintonia con letterati come i Goncourt, Flaubert, Zola. | |
E, inoltre, osservare la natura senza alcuna concessione al gusto corrente. Una rinuncia radicale nei confronti della piacevolezza e del pittoresco è evidente nel dipinto di Pissarro ammesso al Salon del 1866, Rive della Marna in inverno. La banalità del luogo è riscattata, secondo il critico Jean Rousseau, dall'energia aspra dell'esecuzione, dalla verità brutale espressa da un talento robusto ed esuberante. Quadro solenne, dai colori smorzati, di costruzione architettonica, di composizione audace, rivela notevole abilità nell'organizzazione dello spazio. Tratti che saranno sviluppati nella successiva serie dei dipinti consacrati al borgo dell'Hermitage a Pontoise. L'opera, individuata da Zola «nel gran deserto del Salon» è da lui definita come «austera e grave, dotata di estremo scrupolo di verità, di una volontà aspra e forte. Lei, Signore è un grande ingenuo! Lei è un artista che mi piace». | |
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