Pissarro
L'Hermitage a Pontoise L'Hermitage a Pontoise,
1867,
New York, Guggenheim Museum.

Stabilitosi all'Hermitage a Pontoise nell'ottobre 1866, l'artista esegue una serie di grandi vedute di misteriosa solidità, che si impongono per il respiro grande, per l'ansia di verità, per l'interpretazione magistrale di orizzonti larghi e severi. Senza nulla aggiungere al dato di natura, sono in grado di echeggiare le voci profonde della terra, la vita potente degli alberi. «E' la campagna moderna», dirà Zola, «si sente che vi è passato l'uomo, scavando il suolo, dissodandolo, ridelineando gli orizzonti e questo vallone, questa costa sono di una

semplicità, di una nettezza eroica. Nulla sarebbe più banale se non fosse così grande. Il temperamento del pittore ha tratto da una verità comune un raro poema di vita e di forza». Siamo nel periodo che prelude all'avventura impressionista di Pissarro, vi compaiono dati tipici degli anni a venire: la luminosità diffusa, funzionale alla veduta d'insieme, più che alla individuazione di particolari, l'esecuzione larga, con interesse per l'aspetto globale delle cose, il senso della bellezza delle superfici luminose, l'attenzione agli effetti ottici e cromatici. Pittore di case e colline, interprete di orizzonti larghi e severi, naturalista indagatore di cieli e terreni, l'artista imprime un principio coerente a ogni dato compositivo. Analogamente a Monet dipinge direttamente sulla tela, ma se il primo esalta la luce, il colore, il movimento con tecnica morbida e fusa, Pissarro predilige principi compositivi solidi: la divisione delle superfici in bande orizzontali, un ordine geometrico sostenuto da elementi architettonici. Dati che conferiscono alle sue opere un senso di aspra energia. Insiste su larghe zone piatte di colore, accentua, attraverso una serie di colpi di pennello stesi uniformemente, l'effetto di superficie, elimina, con procedimenti che sottolineano un senso di continuità, la struttura gerarchica tradizionale. Pur connotati da luce da esterno, sono dipinti realizzati in studio, partendo da schizzi minuziosamente eseguiti all'aperto. Chiari e scuri strutturano le forme, danno compattezza allo spazio pittorico. Il colore, sempre mescolato al bianco, seppure in diversa quantità, ha una sua consistenza e ricchezza ed è applicato a tocchi o pennellate separate, talora ancora umido è mescolato direttamente sulla superficie del dipinto. Nuovi strati sono sovrapposti ai precedenti. L'artista realizza sia un approccio oggettivo alla realtà, sia una sua interpretazione; l'io è presente in equilibrio fra sensazione e conoscenza, fra percezione e realizzazione. I contorni degli oggetti non sono definiti, ma suggeriti attraverso un sottile solco di tela non dipinta, che corre lungo i loro bordi, sottolineandoli in negativo. Cézanne ne resterà colpito. In una famosa lettera scritta all'amico da L'Estaque il 2 luglio 1876, nella quale allude all'opposizione fra le silhouettes degli oggetti che sembrano come ritagliati e il volume turgido, ampio delle masse di colore, sembra riferirsi ai dipinti di Pissarro dell'Hermitage e anticipare i suoi esperimenti più tardi.


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