Due giocatori di carte, 1893-1896, Olio su tela; cm 47 x 56, Parigi, Musée d'Orsay. Il famoso quadro appartiene a una serie di cinque tele realizzate a partire dal 1890. Si ritiene che la prima sia quella della Fondazione Barnes composta da cinque persone di cui tre sono giocatori intorno a un tavolo. A questa si affianca la versione del Metropolitan in cui non c'è più il bambino e lo spettatore in piedi si avvicina al gruppo; anche i particolari dell'arredo vengono ridotti, mentre i contrasti cromatici appaiono invariati: il blu intenso della mantella dell'uomo sulla destra risalta sulla tenda dorata; la parete sfumata di verde e azzurro viene ripresa dal bianco cangiante del tavolo che ricorda quello di alcune nature morte. | |
Rispetto a queste due versioni, le tre successive, tra cui il quadro in esame, presentano una struttura notevolmente diversa: lo spazio è ulteriormente compresso, sono venuti meno i dettagli ambientali; i giocatori sono solo due, il terzo al centro è sostituito dalla bottiglia; il tavolino è ora girato di profilo; anche le modulazioni di colore sono mutate in direzione di un sostanziale monocromo. Ma ciò che risulta con maggior efficacia è l'impostazione volumetrica della composizione. Partendo dall'osservazione del quadro di Louis Le Nain, conservato a Aix, con lo stesso soggetto, Cézanne giunge a una traduzione puramente spaziale della scena: i giocatori non comunicano fra loro, sono concentrati sul proprio gioco; la luce non è più radente e non distacca le figure dal luogo in cui si trovano ma, al contrario, scegliendo una gamma cromatica dominante, Cézanne fonde le persone con l'ambiente circostante. Il volume dei personaggi, la prospettiva del tavolino, la bottiglia e lo sfondo sono tutte forme che tendono alla semplificazione geometrica. Non vi è alcun particolare narrativo e l'espressione dello stato d'animo dei giocatori è affidata a pochi tratti veloci appena accennati sul volto e all'atmosfera immota e silenziosa che la scena emana. Per questi quadri il pittore si è servito dei contadini impiegati al Jas de Bouffan, dei quali realizza una quantità di studi preparatori, schizzi individuali che poi riunisce in un'unica composizione. Il numero di questi fogli dimostra il lento processo di selezione delle forme, la lunga elaborazione, la mancanza di qualsiasi casualità e il bisogno di sperimentare le diverse possibilità espressive offerte da un soggetto. A questo proposito Lionello Venturi ha scritto che «un contadino di Cézanne è individualizzato come un ritratto, universalizzato come un'idea, solenne come un monumento, fermo come una coscienza morale». | |
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