Goya
La maja vestida La maja vestida,
1800-1805,
Olio su tela,
cm 95 x 190,
Madrid, Museo del Prado.


Questo quadro, realizzato per il ministro Godoy, ha subito lo stesso iter della Maja desnuda, con la differenza che mentre quest'ultimo nell'Ottocento sparì dalla circolazione, la versione vestita venne esposta all'Accademia di San Fernando prima della sistemazione definitiva nel Museo del Prado. Nonostante il dibattito ancora aperto sulla datazione e sull'ambiguo e misterioso significato di questi due quadri, la critica è concorde nel ritenere questa tela immediatamente successiva alla Maja desnuda.

Il primo documento in tal senso ci è fornito dal diario di Pedro González de Sepúlveda, che della visita nel 1800 allo studiolo di Godoy menziona solo il nudo che giudicò "senza disegno né grazia nel colorito". Un altro termine cronologico è costituito dal fatto che nel 1806 s'interrompe il rapporto professionale fra Goya e il ministro. Il quadro con ogni probabilità viene realizzato fra queste due date. Il primo riferimento alla Maja vestida appare nell'inventario della raccolta Godoy stilato nel 1808 dal pittore Quilliet, agente di Giuseppe Bonaparte, che riserva alle opere lo stesso giudizio negativo di Sepúlveda.

Il raffinato vestito di un tessuto morbido e aderente, la fascia di seta luminosa, il bolero ricamato e le scarpe appuntite con decorazioni dorate alla moda dimostrano che si tratta di una donna aristocratica che ama vestirsi come le giovani popolane, secondo il modello della maja in voga nella nobiltà. Dell'orgogliosa naturalezza ostentata dal corpo della Maja desnuda resta traccia solo nel volto. La figura vestita infatti è carica di ambiguità: gli abiti sembrano avere come unico scopo quello di far risaltare un corpo provocante e sensuale. La fanciulla inoltre sceglie un tipo di abbigliamento che non appartiene alla sua estrazione sociale, ma si traveste, lasciando allo spettatore il compito dello svelamento.



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