Il 3 maggio 1808. Le fucilazioni, 1814, Olio su tela, cm 266 x 345, Madrid, Museo del Prado. Come in una sequenza narrativa, questo quadro rappresenta la dura repressione messa in atto dal luogotenente Murat in seguito agli avvenimenti del 2 maggio. Tale è la tensione espressiva che la critica romantica ha ritenuto Goya testimone oculare dell'esecuzione. In realtà è la partecipazione emotiva da parte del pittore che dà l'impressione che l'evento, anche se ricostruito a memoria, sia stato vissuto in prima persona. | |
Il dramma narrato è profondamente umano: la solitudine del singolo di fronte alla morte. Profondo è lo sconcerto e l'incredulità dei condannati come degli astanti: non c'è eroismo ma terrore. La figura centrale apre le braccia pronta al sacrificio, e per questo è stata associata all'immagine del Cristo crocifisso. Il plotone è reso nella sua cieca violenza e la figura del primo soldato viene replicata quasi all'infinito come in un esercito di soldatini. I sodati inoltre sono privi di volto: essi cessano di essere uomini per diventare strumenti di un ordine superiore che è solo violenza e morte. L'eccidio è illuminato da un'unica grande lanterna cubica che emana una luce gialla: intorno il buio di una notte qualunque. Sullo sfondo si staglia il contorno della città di Madrid, teatro iniziale dello scontro. La tragedia delle lotte e dei conflitti fratricidi verrà ulteriormente analizzata nelle atroci incisioni del ciclo dei Disastri della guerra e in un gruppo di drammatiche opere dello stesso periodo. | |
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