Monet
Donna con parasole Donna con parasole,
1886,
Olio su tela;
cm 131 x 88,
Parigi, Musée d'Orsay.

Nell'estate del 1886, mentre a Grenoble si svolge una mostra alla quale Monet ha inviato tre opere, a Île aux Orties l'artista vive una parentesi di delicata poesia, dipingendo le due versioni di Donna con parasole. Si tratta di un momento intimo, privato, esclusivamente legato alla sua nuova famiglia, i Monet-Hoschedé.

Un giorno, infatti, mentre torna da una delle sue solite "escursioni pittoriche", Monet vede l'immagine delicata di Suzanne, una delle sorelle Hoschedé, stagliarsi col suo ombrellino contro il cielo: immediatamente i ricordi di un'altra donna e di un altro luogo affluiscono alla sua memoria e, pieno d'entusiasmo per la visione avuta, sembra che abbia esclamato: «Ma è proprio come Camille ad Argenteuil! Bene, domani torneremo e tu poserai là!». Il fratello Jean-Pierre racconta che Suzanne è costretta a posare a lungo e, alla fine, esaurisce quasi ogni energia.

Donna con parasole è un'opera senza dubbio piena di una grazia e di una leggerezza mai raggiunte prima, più evidenti se confrontate proprio col ritratto di Camille e Jean a cui faceva riferimento lo stesso Monet. Più che dipingere il corpo della donna, Monet sembra coglierne la presenza nella natura: egli la immerge e la fonde con l'ambiente circostante, contrariamente a quanto continua a fare Renoir. Poco tempo dopo parlerà di «figure dipinte come paesaggi». In un contesto del genere diminuisce anche il suo interesse per il ritratto vero e proprio, cosa che appare piuttosto evidente se si confronta Donna con parasole con un'opera di Manet sullo stesso tema.

Nel dipinto di Monet, infatti, la medesima diffusa luminosità che descrive il cielo o i filamenti d'erba si materializza nel pigmento colorato dell'abito, del foulard e del parasole. Ovunque la pennellata si fa più intensa ed espressiva, corre sulla tela rapida e compatta al tempo stesso, creando un effetto di trasparenze e velature leggere. Ma l'elemento attorno al quale converge tutta la struttura è senz'altro il grazioso ombrellino di Suzanne: esso descrive la direzionalità del vento, dà un ritmo alla composizione e crea un gioco di ombre colorate anche al suo interno, tanto che d'ombre, in realtà, non si può più parlare, ma soltanto di straordinaria intensità del colore.



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