Monet
Palazzo ducale, Venezia Palazzo ducale, Venezia,
1908,
Olio su tela;
cm 81 x 100,
New York, Brooklyn Museum.

Al momento di lasciare Venezia nel dicembre del 1908, Monet scrive al caro amico Geffroy: «che peccato non essere venuto qui quand'ero più giovane, quando mi permettevo tutte le audacie!».

Nella città lagunare il pittore è giunto a settembre con la moglie Alice: stabilitisi inizialmente a palazzo Barbaro, residenza della signora Curtis, una parente acquisita di Sargent, in ottobre i coniugi si trasferiscono al Grand Hotel Britannia, che possiede una vista straordinaria sull'isola di San Giorgio Maggiore.

Inutile dire che Monet rimane affascinato dalla città, dalla sua luminosità inconfondibile, dalle modulazioni infinite prodotte dal dialogo tra l'acqua e la pietra. Realizza numerose vedute della città, del Canal Grande, del Palazzo ducale. Sceglie vari punti di vista e, naturalmente, dipinge dall'alba al tramonto gli effetti di questa «luce nuova».

Il Palazzo ducale appare così straordinariamente modulato da una pennellata trasparente e delicata, intensa e compatta, sebbene animata da infinite variazioni cromatiche. Si afferma con sempre maggiore insistenza la linearità del ritmo: la superficie del palazzo vibra grazie al segno orizzontale fortemente dinamico e all'astrattezza del colore.

Monet insegue certi effetti e certi risultati con determinazione, ma purtroppo il tempo non è dalla sua: spesso la pioggia interrompe il suo lavoro e quando dopo giorni il sole torna, quel determinato effetto è ormai scomparso e con esso anche l'entusiasmo del pittore.

Una volta Alice scrive alla figlia Germaine: «Mio Dio, con Monet non si sa mai cosa si sta per fare. Quante volte mi ha detto di fare i bagagli dicendo che non avrebbe mai più toccato un pennello, mentre un'ora più tardi era già tornato al lavoro e qualche volta aveva perfino iniziato un nuovo dipinto».



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