Ninfee, 1917-1920, Olio su tela; cm 100 x 300, Parigi, Musée Marmottan.
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In un'intervista rilasciata nell'estate del 1897 a Guillemot, Monet parla di un progetto molto ambizioso: «Immaginate una stanza circolare... coperta con [quadri di] acqua, punteggiata di queste piante fino all'orizzonte, muri di una trasparenza alternativamente verde e malva, la calma e il silenzio delle acque quiete che riflettono i fiori spalancati. I toni sono vaghi, deliziosamente sfumati, con una delicatezza da sogno». L'idea di dipingere una grande decorazione che corra lungo le pareti di una grande sala sarà ripresa dal pittore a partire dal maggio 1914 e, mai più abbandonata fino alla morte, giungerà al maestoso risultato dell'Orangerie. Il progetto in sè rappresenta la sintesi finale della ricerca di Monet, profeta forse involontario della pittura informale del secondo dopoguerra. In questi anni l'artista dipinge ninfee su pannelli di grandi dimensioni; molti saranno distrutti (se ne calcolano addirittura cinquecento) e molti, tra cui queste Ninfee, non saranno mai completati. In quest'opera, in realtà, non rimane ormai quasi più traccia dell'esotico fiore, né tanto meno dello stagno o del ponte: ogni elemento si è trasformato in puro tocco pittorico, il riflesso ha conquistato l'intera superficie e la luce vibra dorata e metallica. La pennellata lanosa ha raggiunto la massima libertà espressiva: essa accarezza leggera la tela, inondandola con tinte brillanti e trasparenti. Si è spesso parlato di "errori" nell'ultima produzione di Monet, attribuendoli sovente ai limiti della sua vista: in realtà il pittore assimila l'immagine nel suo insieme, al di là di ciò che l'occhio fisico è in grado di cogliere, e la riproduce, filtrata dalla memoria, come pura percezione di luce e colore. Anche la velocità d'esecuzione è indispensabile per cogliere l'effetto di "quel" particolare istante registrato. L'atmosfera è soffice, aerea: Monet ha, infine, catturato l'immagine tanto cercata delle «nuvole che nuotano nel riflesso dello stagno» tra le ninfee. Quando il pittore morirà, sulla sua scrivania Henri Vidal troverà un volume di Baudelaire aperto in corrispondenza della poesia Lo straniero: «"Dimmi, enigmatico uomo, cos'ami di più?" "Amo le nuvole... le meravigliose nuvole che passano lassù"»; forse, si tratta proprio delle stesse nuvole dipinte da Monet. | |
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