Il cardinale Pietro Bembo, 1539-1540, Olio su tela; 94,5 x 76,5 cm Washington, National Gallery of Art.
Pietro Bembo, umanista di rilievo assoluto e cultore d'arte antica e moderna, fu amico personale di Tiziano ed ebbe con ogni probabilità un ruolo determinante nella prima attività del pittore attraverso l'esposizione dei temi d'amore e musica, in termini di allegoria neoplatonica, affidata ai dialoghi degli Asolani (1505) e rispecchiata in opere quali il Concerto campestre, Le tre età dell'uomo, Amor sacro e amor profano. | |
Il ritratto di Pietro Bembo oggi a Washington è quello di cui si parla nella Vita di Tiziano del Vasari, eseguito dopo che il letterato fu eletto cardinale (marzo 1539; si trasferì a Roma in ottobre), o un «secondo ritratto» ricordato in una sua lettera a Gerolamo Querini (maggio 1540). È un'immagine di essenzialità assoluta, tipica del "ritratto di Stato" (ossia del ritratto ufficiale di ruolo e d'apparato), dipinta con tre colori e costruita da tre elementi: 1) La definizione, secondo perfetta rispondenza al "principio di somiglianza", di una fisionomia caratteristica, largamente nota e obbligatoriamente riconoscibile, uniformata a sua volta a un principio morale di "gravitas", di solennità e serietà: dunque naso importante e barba autorevole, sguardo concentrato e guance incavate a testimoniare intensità di studi e profondità di sapere. 2) La definizione dell'abito, che - come tutti dovremmo sapere - fa sempre il monaco, e tanto più farà il cardinale: dunque berretta e mozzetta vermiglia sulla candida veste con polsino pure vermiglio. 3) La definizione di uno stile di portamento e comportamento appropriato a un ruolo di altissimo livello: dunque il gesto elegante di esposizione/argomentazione secondo solidissima tradizione retorica e insieme secondo disinvolta "sprezzatura", tale da farci rammentare che Bembo era alla corte di Urbino durante la gestazione del Libro del Cortegiano di Baldassar Castiglione. Possiamo infine mettere a confronto il gesto del cardinale con quello di San Giovanni Battista nella pala eseguita per la chiesa veneziana di Santa Maria Maggiore, quello di Alfonso d'Avalos nell'Allocuzione e quello di Pietro Aretino travestito da Ponzio Pilato nel telero dell'Ecce Homo, tutte opere dello stesso periodo del ritratto: tanto per ricordare che la retorica non era tecnica esclusiva di letterati e giuristi ma strumento di repertorio dei migliori artisti per la definizione di moti, affetti e azioni. | |
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