Venere, Amore e organista, 1548, Olio su tela; 148 x 217 cm Madrid, Museo del Prado. Non ci sono documenti o testimonianze che permettano di collocare e datare con certezza le tre versioni di Venere con organista oggi conosciute: questo peraltro, insieme ad alcune caratteristiche "interne" dei dipinti, è già un indizio della loro esecuzione nella corte e per la corte imperiale durante i soggiorni di Tiziano ad Augusta nel 1548 e nel 1550-1551. | |
In merito a questi dipinti si ripropone nella critica la stessa paralizzante alternativa di cui s'è detto a proposito della Venere di Urbino: alcuni li hanno interpretati come allegorie d'amore sublimato con riferimento al dibattito neoplatonico sulla preminenza, tra i sensi più nobili, della vista o dell'udito; altri hanno tagliato corto, giudicandoli come scene di ordinaria pornografia e identificando le protagoniste non più come Venere, ma come "cortigiane" al cospetto di amanti più o meno perduti. Non c'è dubbio che la protagonista sia sempre la dea Venere, nuda ma riccamente ingioiellata, variamente connotata e accompagnata (da Cupido, da un cane, da tutti e due), e che i protagonisti siano tre precisi personaggi della realtà, consegnati a tre diversi ritratti: la giustapposizione definisce automaticamente una dimensione allegorica, l'unica dove tale giustapposizione sia possibile e l'unica in cui sia accettabile, per la mentalità dell'epoca, la rappresentazione del desiderio amoroso, sia pure in termini dichiarati di voyeurismo. La distanza concettuale stabilita dall'allegoria trova il suo equivalente nella distanza fisica fra i due protagonisti: questa distanza ha la durata della musica e la lunghezza dello sguardo. Il tema fondamentale è dunque quello che abbiamo già discusso in parecchie occasioni: il rapporto tra musica e amore, o più precisamente la musica come metafora e immagine d'amore, come richiamo e incitamento ad amore, come sospensione e attesa d'amore. Solo che non siamo più nei prati delle tenere Arcadie di primo Cinquecento, ma nei fastosi giacigli di terrazze con vista sui parchi ornati e ordinati di nobili dimore europee di metà secolo. Questi sono quadri di esplicito erotismo e di implicito narcisismo, ovviamente tutti declinati al maschile e fatti apposta per la camera da letto: ma bisognerebbe conoscerne i committenti per stabilire se si tratti di camere matrimoniali o di alcove segrete. Questa versione del Prado sembra, per freschezza d'esecuzione, la prima della serie. Il musico è assai giovane ed elegante, con tre giri di catena d'oro al collo, spadino e stiletto da cavaliere; si volge però scompostamente a rimirare un punto ben preciso del corpo della dea, mentre Cupido sembra promettere favore e consigliare amore. Il parco dai pioppi ben curati è popolato di immagini, simboliche e non, di bellezza e voluttà: la fontana col satiro, il pavone posato sul bordo, il cervo e la cerva (ma separati, "distanti" quanto i protagonisti), la coppia di amanti, viceversa, teneramente abbracciati. Un'altra versione sempre al Prado è praticamente una replica con varianti: ma sembra accentuare le connotazioni di lussuria, giacché Venere, privata della compagnia di Cupido, intrattiene un cagnetto lascivo; e il "gentiluomo", che ovviamente non cambia movimento del corpo e direzione dello sguardo rispetto al collega, è in realtà un volgare signorotto dai tratti che più spagnoleschi non si può, e si presenta all'alcova con un gigantesco spadone... Nella versione di Berlino il musico è Filippo II di Spagna (vediamo a confronto il ritratto del Prado), che si volge con misurato ed elegante contegno a fissare "negli occhi" la sua Venere; è tornato Cupido, e un bel cane da salotto - ma ringhioso - tiene lontani gli estranei. In questo caso, oltretutto, la terrazza non dà su un parco ma su un ampio paesaggio naturale, dove corre una carrozza tirata da una pariglia di cavalli, che è simbolo di concordia: il dipinto sembrerebbe dunque orientato sul desiderio e l'attesa d'amore nell'unione matrimoniale. Delle due più tarde versioni di Venere con liutista - purtroppo del tutto prive di documentazione e di contesto - presentiamo rapidamente la migliore, quella del Metropolitan Museum di New York. Il significato non è molto diverso da quello delle versioni di Venere con organista: ma qui Venere, incoronata di fiori da Cupido, ha un flauto diritto in mano, una viola da gamba e libri di musica a portata di mano; è pronta a far musica, o già ha fatto musica, con l'appassionato liutista. Tra i due lo sguardo - e la distanza - è più breve. | |
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