Tiziano
Jacopo da Strada Jacopo da Strada,
1567-1568,
Olio su tela;
125 x 95 cm
Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie.

L'iscrizione nell'ornata cornice in alto a destra, maldestramente aggiunta dagli eredi, è tuttavia utile a identificare Jacopo da Strada, un personaggio di notevole rilievo nel sistema cortigiano europeo del Cinquecento.
Antiquario, mercante d'arte, espertissimo numismatico, Jacopo da Strada fu in un primo momento al servizio di Hans Jakob Fugger - un esponente della celebre famiglia norimberghese di banchieri - ma intorno al 1550 si mise alla ricerca di incarichi e protezioni di maggior prestigio. Dopo tentativi senza seguito in Francia e a Roma, scelse decisamente l'ambiente imperiale. Fu un suo lavoro manoscritto di argomento numismatico, già presentato senza troppo successo a Carlo V e a Ferdinando I, ad attirare su di lui l'attenzione di Massimiliano II: l'imperatore "tedesco" - singolare personaggio di formazione erasmiana,

impegnato a promuovere la cultura artistica e scientifica nelle corti di Vienna e di Praga con un ampio e informato mecenatismo - era infatti interessato a una pubblicazione sulla propria collezione di monete.
Nel 1558 Jacopo si trasferì a Vienna: fu impiegato come consulente artistico e antiquario. Non risulta che fosse profumatamente stipendiato; ma dalla posizione a corte trasse grande prestigio da spendere nella sua attività commerciale in proprio e parecchi vantaggi pratici, come le facilitazioni nei viaggi in virtù delle credenziali imperiali. A partire dal 1564 si costruì in Vienna uno splendido palazzo, celebre per il visitatissimo studio/museo. Nel 1574 ebbe dall'imperatore la tanto desiderata patente di nobiltà. Massimiliano morì nel 1576, e tre anni dopo lo Strada, che già aveva allentato i rapporti con la corte, lasciò definitivamente il servizio.

Lo Strada fu inoltre manager di artisti: fu lui a introdurre il grande scultore Alessandro Vittoria alla corte imperiale e a trattare sia con Massimiliano sia con il duca di Baviera l'invio di imprecisati dipinti mitologici di Tiziano o della sua bottega. Di Tiziano, se non proprio amico, fu certo socio in affari, e l'avidità della strana coppia non passò inosservata. Il mercante e antiquario Nicolò Stoppio, acerrimo rivale dello Strada, ma di minor successo, scrisse di loro: «son doi ghiotti a un tagliero». Lo Stoppio ebbe modo di prendersela con lo Strada anche per le sue pretese aristocratiche, che si riflettevano nel comportamento arrogante e nell'abbigliamento ricercato: descrivendolo quando andava in giro per Venezia «con le calze di scarlatto, col figlio per paggio, e tre o quattro di questi suoi sensali appresso, che pareva un conte e cavaliere».

Se ci siamo tanto diffusi sulla biografia di Jacopo da Strada, e se diciamo che il suo ritratto è uno dei capolavori assoluti di Tiziano, è perché questa biografia sta tutta nel quadro; oppure, detto in termini inversi, perché, qualora nulla sapessimo di questa biografia, il quadro da solo sarebbe in grado di dettarcela con notevole ricchezza e precisione di dettaglio. Jacopo appare come uno snob in piena regola: con l'abito elegantissimo, la ricca pelliccia, quattro giri di catena d'oro con medaglione, l'anello con sigillo, la spada e lo stiletto ai fianchi.

Ma naturalmente appare anche nel pieno esercizio delle sue molteplici attività: esibisce allo spettatore - o piuttosto, si direbbe, al possibile acquirente - una statuetta di Venere, in vendita assieme a un'altra statuetta di figura ammantata, difficilmente identificabile, e a un "torso" assai mutilo; presenta inoltre sul tavolo alcune monete, che rimandano alla sua più accreditata specializzazione, quella di numismatico; mentre i due libri sulla mensola in alto alluderanno alla sua non memorabile produzione trattatistica. Il suo spaventoso narcisismo si nutre anche di una ridondante esibizione del rapporto con Tiziano: da cui pretese non solo la firma ufficiale in lettere capitali in alto a sinistra, ma anche quella informale e mascherata che compare quale indicazione del destinatario nella lettera sul tavolo.

Tiziano realizzò questa biografia figurata con un impegno d'invenzione e d'esecuzione a quella data per lui eccezionale. Aveva a disposizione in Venezia uno straordinario modello di ritratto di antiquario/collezionista, quello di Andrea Odoni eseguito da Lorenzo Lotto, ma ne tenne scarsissimo conto. Scelse invece, in pieno accordo col committente e con la sua cultura, un taglio di tradizione nord-europea, con figura e oggetti sistemati in un angolo piuttosto ristretto di un ambiente chiuso: il miglior esempio - restando in tema - è il ritratto del Mercante Georg Gisze di Hans Holbein.

Dopo di che, si dispose come sempre a dir la sua: consegnando all'immagine il gesto pressante, il mezzo inchino ossequioso, lo sguardo rapace; e risolvendo nella "vanitas" - con la clessidra posta accanto ai libri a segnalare l'inesorabile scorrere del tempo - le frenetiche attività del mercante e le effimere presunzioni del cortigiano.



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